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Una sala protetta e sicura per accogliere e ascoltare chi ha subito violenza. È stata inaugurata questa mattina, nella data simbolo dell'8 marzo, ideata e realizzata dal Rotary Club Jesolo.

L’auspicio di tutti è che venga usata il meno possibile. Intanto, però, è da oggi realtà al commissariato di Jesolo la stanza Isola, una sala protetta e sicura per accogliere e ascoltare chi ha subito violenza, chi si sente minacciato, chi ha bisogno di aiuto.
Una nuova struttura realizzata con il sostegno del Rotary Club Jesolo, guidato da Mirco Viotto, e nata dall’idea di una delle consigliere, Evelina Ciullo. Ad inaugurarla questa mattina, oltre al padrone di casa, Luca Miori, nuovo dirigente del commissariato della località balneare, sono arrivati anche il questore di Venezia Maurizio Masciopinto, il sindaco di Jesolo Valerio Zoggia e don Lucio Cilia per la benedizione.
E la data di inaugurazione – l’8 marzo, giorno in cui si celebra a livello internazionale la festa della donna – non è ovviamente stata scelta a caso, ma per il suo alto valore simbolico, «visto che – come ha sottolineato proprio il questore – fino a non troppo tempo fa in Italia c’era il concetto atavico e radicato dell’uomo “proprietario” della donna. Un concetto che dobbiamo assolutamente cancellare».

Uno spazio, purtroppo, di cui il territorio aveva bisogno dato che, come ha spiegato il vice questore aggiunto Miori, «nel 2021 abbiamo risposto a 50 richieste d’aiuto in ambito familiare, circa una a settimana. Da queste sono scaturiti ben 12 procedimenti per codice rosso con vittime solo donne e autori solo uomini che hanno o hanno avuto relazioni sentimentali con loro. Ben 4 sono le misure cautelari pendenti. Nel 2021 sono state 9 le istanze di ammonimento lavorate dai nostri uffici, 2 già quest’anno».

«Abbiamo pensato questa stanza – ha sottolineato visibilmente emozionato e soddisfatto il presidente del Rotary Club Jesolo Mirco Viotto – per dare un luogo protetto alle persone che hanno subito maltrattamenti, uno spazio dove sentirsi al sicuro e serene. Abbiamo fatto qualcosa che sa di buono».
Ad avere l’idea e a spingere fortemente per realizzarla – «Scusatemi, sono stata una vera rompiscatole», ha detto sorridendo – è stata una delle consigliere del club, Evelina Ciullo, a partire dall’incontro, durante la sua esperienza di volontaria in un ospedale pediatrico, con un bimbo di 9-10 anni, ricoverato per sospette violenze. «I suoi occhi – ha raccontato – sono tornati spesso a trovarmi: volevo creare qualcosa che fosse rivolto all’ascolto e all’aiuto, un ambiente sicuro e protetto… Oggi abbiamo posto un tassello importante dando concretezza al motto del Rotary: servire per cambiare vite».

Le belle idee e i bei progetti camminano sulle gambe degli uomini e delle donne: è voluto partire da qui, invece, il questore Masciopinto, per ringraziare il Rotary dell’iniziativa. «Sono le persone che fanno la differenza – ha sottolineato – e ce ne siamo accorti in questi due anni di pandemia. Ricordo l’entusiasmo con cui il presidente Viotto e la consigliera Ciullo mi hanno presentato questa idea: in realtà voi ci avete fatto un favore. Qui c’è proprio una squadra del fare e questo fa la differenza perché ci sono troppe squadre del dire e poche del fare».
I freddi dati statistici – dell’osservatorio Divisioni Anticrimine – dicono che le vittime di reati di genere ogni giorno in Italia sono per l’83% donne, 89 ogni giorno, e per il 17% uomini: il numero di vittime di sesso femminile è 5 volte superiore a quelle di sesso maschile e nel 34% dei casi l’autore della vittima è il coniuge o il compagno, nel 28% l’ex coniuge o l’ex compagno.
Non si sottrae, allora, a una riflessione sul fenomeno il questore Masciopinto. «Questa è una sala della sofferenza – ha spiegato – che speriamo di non dover usare mai. Io spero che questo sforzo sia stato inutile, anche se i dati ci dicono che non è così. Oggi è l’8 marzo, le mimose celebrano la figura femminile, a cui si accompagnano, però, tante storie di sofferenza. Pensando alla storia del nostro Paese, non bisogna andare molto in là per ricordare che la violenza contro la donna non era un reato contro la persona perché c’era ancora un concetto atavico e radicato dell’uomo “proprietario” della donna. Un concetto che dobbiamo assolutamente cancellare. La violenza nei confronti delle donne nasce in famiglia, da uno schiaffo, da un atteggiamento aggressivo anche di un fratello nei confronti della sorella. Allora prendiamo un piccolo impegno personale: oggi a casa ognuno di noi parli 10 minuti di questo tema. Solo un cambiamento culturale stroncherà questo fenomeno».

Chiara Semenzato, giornalista OMCeO Venezia