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[Ultimo aggiornamento 16.04.2024]

Una dottoressa che di fronte alla bestia della pandemia non è fuggita e che, per seguire fino all’ultimo i propri pazienti, è stata uccisa dal Covid. Un medico semplice e umile, che faceva il suo lavoro con passione e dedizione, «e che, alla fine – ha sottolineato emozionata la figlia Dania – non ha fatto niente di che, solo il proprio dovere. Ciò che facciamo noi medici ogni giorno».
Così, nel quarto anniversario della sua morte, è stata ricordata questa mattina a Mira la dottoressa Samar Sinjab, il primo medico ucciso dal Covid nel veneziano e il centesimo in Italia, in una commovente cerimonia, aperta dalle note di tromba del Silenzio, voluta dal Comune di Mira, alla presenza dei figli Rafi e Dania El Mazloum, medici anche loro, per intitolarle un bosco urbano di un ettaro, in via Verga.
«Il segno della vita che rinasce – ha spiegato il sindaco Marco Dori – la vita di chi ha generosamente donato la propria per gli altri. La dottoressa Sinjab è un esempio: una persona che si è spesa fino in fondo, forse anche andando oltre il proprio dovere. Qui, lei e i suoi figli, sono molto amati: quando un medico dà tutto se stesso raccoglie sempre tanto affetto. Questo è un luogo simbolico e significativo perché è la vita che continua. La vita di domani».

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È tornato, invece, con la mente a quelle prime settimane di pandemia del 2020, il presidente dell’OMCeO veneziano e vice nazionale Giovanni Leoni «quando i medici – ha detto – e in particolare i medici di famiglia, affrontavano il Covid a mani nude. Ne morivano 20 a settimana. La mortalità tra i medici di Medicina Generale è stata il doppio rispetto agli ospedalieri, anche perché le prime mascherine sono arrivate qui 10 giorni dopo la morte della dottoressa Sinjab. Lei ha lavorato con quello che aveva, probabilmente senza protezioni, tenendo fede al proprio impegno con i pazienti e alla propria professionalità».
Presenti alla cerimonia anche Massimo Zuin, direttore dei Servizi Socio-Sanitari dell’Ulss 3 Serenissima, Stefano Vianello, direttore del Distretto Mirano-Dolo, e il vicepresidente dell’Ordine Maurizio Scassola, nella sua veste di segretario di FIMMG Veneto, a nome di tutti i medici di famiglia, categoria a cui apparteneva la dottoressa Sinjab.
«Uno dei sensi più importanti della nostra vita di medici – ha spiegato il dottor Scassola – è la nostra famiglia, le sicurezze che ci danno i nostri cari e la comunità nella quale viviamo e lavoriamo. Tanto più è solido e profondo questo lavoro di relazioni, tanto più noi lavoriamo sereni, protetti. Samar aveva una famiglia solida, con radici profonde, una famiglia capace di crescere e rinnovarsi. L’ascolto delle persone che descrivono i loro bisogni è fondamentale. Un medico di famiglia attento, coscienzioso, che ascolta, è un medico di famiglia che ha già fatto il 90% del proprio lavoro».

Grande emozione da parte dei figli Rafi e Dania El Mazloum nello scoprire la targa che dedica il bosco alla loro mamma. «Mamma – ha ricordato Rafi, medico di famiglia e medico legale – si è sempre spesa per i suoi pazienti: per lei non esistevano ferie, il telefono era sempre acceso... Come recita l’inno di Mameli che abbiamo appena sentito, “siamo pronti alla morte, l’Italia chiamò”: è quello che ha fatto mamma. Non sapevamo cosa fosse questa bestia, il Covid, non avevamo nulla per proteggerci, ma lei non si è mai tirata indietro. La scelta e il collocamento di questo bosco urbano non può essere niente di più bello: vicino alle scuole, vicino a dove continua la vita».
Una donna e un medico, però, che, secondo i figli, non ha fatto in realtà nulla di eroico, solo il proprio dovere. «Alla fine mia mamma – ha aggiunto la sorella Dania, pediatra – non ha fatto niente di che. Era un medico semplice, umile, che lavorava con tanta passione e tanta dedizione. Lei non ha fatto niente di diverso da quello che facciamo noi medici. Ricordarla oggi qui, con questa cosa meravigliosa, mi fa pensare che tutti i sacrifici che ha fatto per questa comunità saranno in qualche modo ricordati per sempre».

La vita, insomma, non si ferma e quella della dottoressa Sinjab e delle altre vittime del Covid – che a Mira sono state più di 130 – rinasce in questo bosco urbano composto da un migliaio tra carpini bianchi, frassini, olmi, aceri, tigli, ciliegi, pioppi bianchi e neri, biancospini e prugnoli, piantati dai bimbi delle scuole un anno fa. Che, per ora, sono solo piccoli arbusti, qualcuno già fiorito, ma che presto cresceranno proteggendo la popolazione e dando aria pulita alla città.

Chiara Semenzato, giornalista OMCeO Venezia

Sul sito dell'Ordine gli articoli dell'aprile 2020 sulla morte della dottoressa Sinjab:

Rassegna stampa:

I VIDEO della cerimonia

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Il sindaco di Mira Marco Dori (anche a questo link diretto: https://fb.watch/rl4w4SgS1-/)

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