L’acqua che permea la nostra vita da sempre. L’acqua bene di tutti, ma anche risorsa in esaurimento che, quindi, non va mai sprecata. L’acqua “del sindaco” che nel nostro territorio è di alta qualità. L’acqua come nutriente essenziale in tutte le stagioni della vita, fonte di salute e di benessere. Di tutto questo si è parlato lo scorso 26 ottobre nella sede dell’OMCeO Venezia nel convegno Acqua bene comune, prezioso e insostituibile, organizzato per l’Ordine dal vicepresidente Maurizio Scassola e dal pediatra Paolo Regini, in stretta collaborazione con Veritas e il patrocinio di ISDE Italia – Associazione Medici per l’Ambiente.
Ad accogliere i partecipanti il presidente dell’Ordine e vice nazionale Giovanni Leoni che, dopo aver sottolineato l’importanza dell’acqua «che permea la nostra vita da sempre» in particolare nella realtà veneziana, ha riportato le impressioni avute a Roma dopo un incontro della FNOMCeO con gli omologhi tedeschi. «In Germania – ha spiegato – le cose vanno bene. Non hanno problemi di personale al Pronto Soccorso perché viene pagato meglio. Hanno un sistema misto mutualistico e universalistico: non hanno problemi di accesso alle cure, hanno il triplo dei nostri posti letto e il triplo di investimenti del PIL rispetto a noi. Nei prossimi mesi lavoreremo insieme».
Ha parlato, infine, di acqua «con la A maiuscola, simbolica per quello che rappresenta nella nostra vita» la dottoressa Marina Paties, direttore dell’Unità Complessa Tutela delle persone con limitazione della libertà dell’Ulss 3 Serenissima, portando i saluti del direttore generale Edgardo Contato e del direttore sanitario Giovanni Carretta.
«Come titolo di questa mattinata – ha sottolineato il dottor Scassola aprendo i lavori – avrei voluto “la banalità dell’acqua” perché sono convinto che non diamo tanto peso a questo argomento nella nostra vita quotidiana, né come professionisti né come cittadini».
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Partendo dalle basi storiche dell’approvigionamento idrico a Venezia, il convegno si è articolato attraverso l’importanza della sicurezza dell’acqua, ha approfondito alcuni aspetti microbiologici e sottolineato il ruolo fondamentale che gioca nella salute umana, in particolare per i bambini, gli adolescenti e gli anziani.
«Venezia sta in aqua et non ha aqua» il paradosso di Marin Sanudo da cui è partito Riccardo Seccarello, responsabile Comunicazione di Veritas, per raccontare la storia dell’acquedotto lagunare, attivo dal 1884 su un progetto inglese di 10 anni prima per portare a Venezia l’acqua, prelevata dalla Seriola e dal Brenta a Stra, attraverso una condotta sublagunare di muratura. Il tutto per porre rimedio al sistema delle vere da pozzo, da un lato poco profonde e quindi in rapido esaurimento, dall’altro contenenti acqua di pessima qualità, anche a causa di scarsa igiene e continue epidemie di tifo e colera.
Un acquedotto che pian piano si allarga: nel 1904 un primo studio del Comune per portare l’acqua, prelevata dalle falde di Zero Branco, agli abitanti di Mestre; nel 1912, l’inaugurazione della struttura con tubi che corrono per più di 10 chilometri sotto il Terraglio e arrivano nella stazione di pompaggio in via di Santa Maria dei Battuti; i lavori che iniziano nel 1922 per l’acquedotto di Marghera e la costruzione nel 1925 della torre piezometrica, esistente ancora oggi, alta 57 metri e mezzo. «Questa – ha sottolineato il dottor Seccarello – è una storia poco conosciuta: diamo per scontato che quando apriamo il rubinetto l’acqua esca, sia di buona qualità e super controllata. E non ci rendiamo conto di tutto il lavoro che è stato fatto nei decenni scorsi, che ancora si fa e che c’è dietro al semplice gesto di aprire un rubinetto».
Della struttura della rete idrica veneziana e delle fonti di approvvigionamento si è occupato, invece, Simone Grandin, direttore del Servizio Idrico Integrato di Veritas, che, dopo una breve presentazione dell’azienda, ha sottolineato subito le difficoltà di azione in un territorio così particolare e unico al mondo come quello veneziano.
Il relatore si è quindi soffermato:
- sul ciclo idrogeologico dell’acqua;
- • sul ciclo idrico integrato – con il prelievo di acqua dolce dai pozzi, dai fiumi e talvolta anche dai laghi – e le sue diverse fasi: la captazione, la potabilizzazione, l’adduzione, l’accumulo e la distribuzione;
- sugli usi che se ne fanno oggi: civile potabile, l’acqua che beviamo e quella con cui ci laviamo, domestico non potabile, l’irrigazione dei giardini ad esempio, agricolo, produttivo industriale e altro (dal lavaggio delle strade all’innaffiamento del verde pubblico agli impianti sportivi).
«L’altra faccia della medaglia – ha spiegato il dottor Grandin – è quella delle acque sporche, le acque reflue, inquinate, che tornano in fognatura, vanno agli impianti di depurazione che devono riportare l’acqua a una qualità compatibile con il corpo ricettore in cui l’impianto va a scaricare. Un impianto può scaricare in un canale di bonifica, in un fiume, a mare o addirittura in laguna di Venezia».
Dopo aver illustrato l’attuale assetto degli acquedotti sul territorio – con quasi 6mila chilometri di condotte a servire circa 800mila residenti e 80 milioni di metri cubi di acqua erogata all’anno, prelevata per l’80% da fonti profonde e per il 20% da fiume – il relatore ha passato in rassegna le criticità, dalle infrastrutture vetuste con opere ancora attive dall’Ottocento, alle pressioni sulle falde, legate agli inquinanti, all’abbassamento della falda stessa e alla risalita del cuneo salino, e le prospettive, dalla salvaguardia delle fonti, «per cui servono politiche ambientali, tavoli di confronto e monitoraggi», alla differenziazione delle fonti di approvigionamento, con accumuli e stoccaggio «per avere riserve in caso di siccità», dall’interconnessione tra sistemi diversi al rinnovo, ovviamente, delle infrastrutture.
67 i pozzi, 4 i potabilizzatori, 44 le centrali di sollevamento e 19 i serbatoi pensili di cui usufruisce Veritas per prelevare l’acqua dal Livenza, dal Sile e dall’Adige. Sistemi che, nati come isolati e indipendenti, oggi diventano interconnessi, attraverso l’acquedotto regionale S.A.VE.C. «Veritas – ha concluso il dottor Grandin illustrando alcuni lavori in corso – è fortemente impegnata nella ristrutturazione delle proprie infrastrutture. Il lavoro è impegnativo ma cercheremo di portarlo avanti».
Medici alla scoperta di una figura per loro misteriosa, quella del microbiologo, nella relazione di Franco Rigoli, del Dipartimento Regionale Laboratori U.O. Biologia di ARPAV, dedicata alla qualità delle acque venete e alle pressioni ambientali che subiscono. L’esperto, partendo dalle normative vigenti, ha fatto il punto in particolare sui diversi controlli e sulle possibili contaminazioni batteriche e virali nel sistema idrico veneto – dall’acqua potabile a quella di balneazione, dalle acque minerali a quelle di laghi e fiumi, fino ai reflui da depurazione – alla ricerca, ad esempio, di legionella, di SARS CoV-2, di poliovirus e dell’antibiotico-resistenza.
«Nelle acque destinate al consumo umano – ha sottolineato illustrando i parametri di riferimento – non devono essere presenti escherichia coli ed enterococchi intestinali. Se troviamo il primo c’è una contaminazione fecale in atto: è un segnale che ci può essere di tutto nell’acqua o negli alimenti. Gli enterococchi sono simili, ma più difficili da eliminare perché resistono di più ai trattamenti fatti negli acquedotti».
Se la normativa precedente faceva un elenco dei batteri da ricercare nell’acqua, quella più recente dà la possibilità alle autorità sanitarie di capire quali virus e batteri ricercare nel proprio territorio e negli acquedotti locali. «Noi in Veneto – ha spiegato il dottor Rigoli – abbiamo acqua che arriva dalle Dolomiti, dai fiumi e dalle falde. Sarebbe assurdo cercare gli stessi virus e batteri».
Il relatore ha quindi passato in rassegna i diversi batteri, virus e parassiti segnalati negli anni in regione come problemi di tipo sanitario, dal norovirus – che è la principale causa di gastroenterite acuta nel mondo – ai colifagi somatici alle legionelle, e i i parametri di controllo delle acque minerali naturali, di quelle per le piscine a uso natatorio e dell’acqua di balneazione. Si è poi soffermato sul Progetto Sari, cioè la sorveglianza epidemiologica ambientale dei reflui in Italia alla ricerca di SARS CoV-2, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità. «Il Veneto – ha concluso il dottor Rigoli – monitora tutte le settimane le acque reflue in entrata nei depuratori delle città più grandi per cercare il virus: questo permette di anticipare di 1-2 settimane l’ondata di epidemia che poi voi medici vedrete nei pazienti».
Il monitoraggio della qualità dell’acqua potabile nell’area veneziana al centro della prima analisi di Stefano Della Sala, direttore del Laboratorio Servizio Idrico Integrato di Veritas, che è partito dai parametri chimici e microbiologici indicati dalla normativa europea in vigore, la direttiva 2184 del 2020, che ha come obiettivo primo proprio la tutela della salute. «Il nostro problema principale – ha spiegato il relatore – è che noi ci confrontiamo con 140 milioni di sostanze chimiche brevettate, che finiscono nell’ambiente e che possono contaminarlo. Il nostro laboratorio interno serve a fare il controllo di qualità dei vari processi per l’acqua potabile».
Una direttiva che ha cambiato ogni prospettiva, che «è stata una vera rivoluzione copernicana» e che ha al suo centro il Piano di Sicurezza dell’Acqua per valutare, prevedere e gestire i rischi che andranno a impattare sui pozzi e sui potabilizzatori.
La mortalità nel mondo dovuta a un’acqua “inadeguata”, le malattie infettive, il rischio chimico, il funzionamento, ancora oggi, dei pozzi veneziani nell’abbattimento dei batteri, la tutela delle fonti idriche alla luce delle attività antropiche, che sono in grado di interferire con il ciclo dell’acqua dal punto di vista qualitativo, la rete dei laboratori ViveracquaLab, cioè il servizio di analisi delle acque dei gestori pubblici del Veneto, tra gli altri temi affrontati dall’esperto.
«Nel veneziano ogni anno – ha precisato poi il dottor Della Sala – Veritas distribuisce 112 milioni di metri cubi di acqua potabile. L’80% viene prelevata da falde profonde ed è di ottima qualità. Il Laboratorio Veritas, dotato di strumentazioni all’avanguardia, effettua un milione di analisi all’anno con un monitoraggio costante per rilevare l’eventuale presenza di inquinanti o di contaminazione batteriche e virali».
Tra i nodi ancora da sciogliere la misurazione, non regolata dalla direttiva europea, degli inquinanti emergenti: i microinquinanti organici e le microplastiche. Tanti i dubbi: quale rischio è collegato? Tutte le microplastiche vanno trattate allo stesso modo? Hanno tutte gli stessi effetti? Spazio, infine, anche ai contaminanti emergenti nelle acque potabili come il glifosato e i PFAS. «Veritas – ha concluso il relatore – dal 2016 si è dotata di spettrometri di massa ad alta risoluzione per analizzare le molecole organiche tipo i PFAS. Strumenti che servono anche per il controllo degli antibiotici non metabolizzati. La guardia, insomma, è molto alta: noi cerchiamo di essere pronti».
Per il direttore Stefano Della Sala, poi, anche una seconda relazione dedicata al rapporto ISTISAN 22/32 (scaricabile qui), che traccia le linee guida per la valutazione e la gestione del rischio per la sicurezze delle acque negli edifici prioritari, cioè le strutture sanitarie, gli ambulatori medici e le residenze per gli anziani. «Dal contatore in poi però – ha precisato – la responsabilità di Veritas sulla qualità dell’acqua decade. A Venezia ci sono ancora i tubi in piombo in qualche edificio pubblico… I tubi in piombo dentro casa tua sono tuoi, Veritas non te li sostituisce». Il controllo dell’ultimo miglio, insomma, spetta a ciascuno di noi.
Tutta dedicata agli effetti sulla salute dell’acqua, nutriente essenziale per gli esseri umani in tutte le fasi dell’esistenza, la parte conclusiva della mattinata di studi con le relazioni del pediatra Mattia Doria e del geriatra Ernesto Rampin, direttore dell’Unità Operativa all’Ospedale dell’Angelo di Mestre.
Dai neonati agli anziani, l’acqua svolge numerose funzioni importanti: «Trasporta principi nutritivi e ossigeno – ha spiegato il dottor Doria – aiuta i reni a filtrare ed eliminare le tossine, serve a produrre saliva e succhi gastrici, facilitando la digestione, è fondamentale per le funzioni cellulari e metaboliche, è cruciale per la funzionalità di organi e sistemi e, non ultimo, mantiene stabile la temperatura corporea, rendendo possibile la sudorazione e la respirazione».
L’organismo umano, inoltre, è composto in gran parte proprio di acqua: nel neonato l’80% della composizione corporea è in acqua. Una componente che poi si riduce nel tempo per riemergere in età adolescenziale e, infine, stabilizzarsi negli adulti al 60%. Per questo nei bambini e negli anziani una disidratazione anche lieve può portare a un disturbo del comportamento, a disorientamento e fatica. «Si fanno tante ipotesi – ha detto il pediatra – e poi magari si scopre che quel bambino beve soltanto 250 millilitri di acqua al giorno».
Per una salute perfetta, allora, quanta acqua bisogna bere? Per i più piccoli il fabbisogno dipende dall’età e dal peso del bambino, ma in generale:
- 800 millilitri al giorno per i lattanti (6-12 mesi);
- 1,2 litri per i bimbi da 1 a 3 anni;
- 1,6 per quelli dai 4 ai 6;
- 1,8 per quelli dai 7 ai 10;
- 1,9 litri per le ragazze e 2,1 per i maschi tra gli 11 e i 14 anni;
- 2 litri per le femmine e 2 litri e mezzo per i ragazzi tra i 15 e i 17 anni.
Il dottor Doria ha quindi passato in rassegna le principali cause di disidratazione in età pediatrica – dalla diarrea al vomito, dai fattori ambientali, il cado afoso per esempio, alle malattie croniche, come il diabete – illustrato i segni di questa disidratazione in particolare nel lattante, approfondito il tema dell’acqua correlata all’allattamento, suggerito i modi migliori per dare l’acqua ai bambini – «no al biberon, sì al bicchierino aperto» – e si è soffermato sull’enuresi notturna, fenomeno sottodimensionato, e sulle sue possibili soluzioni.
«Bisogna educare genitori e bambini all’importanza dell’idratazione – ha concluso il dottor Doria – e raccomandare loro di assumere quantità adeguate di acqua. Bisogna creare una routine e saper riconoscere i segni della disidratazione. Evitare, infine, l’utilizzo di inutili e poco salutari sostituti. Quale acqua bere? Quella del sindaco! Anche per la preparazione del latte e delle pietanze. Perché costa meno ed è super controllata».
Non solo per i più piccoli, l’acqua è fondamentale per mantenere il benessere e prevenire il deficit nutrizionale anche nella persona anziana. «Possiamo vivere senza cibo – ha esordito il dottor Ernesto Rampin – ma non senza acqua. E anche l’eccesso dell’acqua può portare a un’intossicazione. Ma l’acqua resta il costituente principale di organi e tessuti. L’adulto ne deve bere come minimo 8 bicchieri al giorno».
Chi è un po’ più in là con gli anni ha meno necessità calorica. Il fabbisogno di acqua però resta lo stesso. «Ma gli anziani – ha aggiunto il geriatra – non bevono, magari perché sono soli e non riescono ad arrivare al rubinetto. O perché lo stimolo della sete spesso è compromesso per i farmaci che assumono o per decadimento cognitivo. E allora bisognerebbe portar loro la caraffa d’acqua proprio come la si dà al bambino».
La distribuzione dell’acqua nell’organismo, che viaggia nel plasma o è contenuta nelle cellule, i rilevatori e i meccanismi di compenso – l’aldosterone, che stimola il riassorbimento di sodio nei tubuli distali e collettori, e l’ADH (vasopressina), che regola l’escrezione di acqua nei reni – il bilancio tra entrate e uscite idriche, la regolazione della sete, l’acqua come alimento «che non dà calorie, ma è alla base della piramide alimentare per quello che contiene: dal calcio al potassio, dal ferro allo iodio», le acque minerali e quelle solfate o iposodiche, «che però starei attento a definire curative», tra gli altri temi trattati dal dottor Rampin.
«L’ acqua – ha concluso il geriatra – è necessaria per una salute ottimale e per un corretto equilibrio tra i vari compartimenti idrici dell’organismo. Dato che è una soluzione di minerali, va considerata un vero e proprio alimento. Una scelta ragionata del tipo di acqua da assumere, allora, può risultare utile anche in relazione a diverse patologie. E un’attenzione in più riserviamola agli anziani: per loro il rischio di disidratazione e di tossicità da farmaci è più elevato».
L’acqua, insomma, è fondamentale per la vita umana. Non è, però, una risorsa inesauribile, anzi. Tanto è vero che per il cosiddetto oro blu già si scatenano guerre e tensioni nel mondo. E allora va usata in modo responsabile e consapevole. «Ogni giorno – ha sottolineato il dottor Stefano Della Sala – teniamo aperto il nostro rubinetto di casa, messe in conto anche lavatrici e lavastoviglie, per 200 minuti. Se di questi 200 minuti riuscissimo ad evitarne solo 2, Veritas risparmierebbe un milione di metri cubi all’anno. In concreto significa 3 giorni di fornitura a tutta la provincia di Venezia. Meglio, allora, non fare una doccia di mezz’ora...». Questo, dunque, il consiglio finale: usiamo l’acqua responsabilmente e solo per le cose che servono davvero.
Chiara Semenzato, giornalista OMCeO Venezia